PRESENTAZIONE
La ragione nelle mani
La realizzazione del progetto è stata resa possibile grazie al sostegno del MiBACT – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo che, attraverso l’ottava edizione dell’Italian Council, ha individuato La ragione nelle mani tra i progetti da finanziare. Non meno importante è stato il ruolo giocato dalla Comunità Montana di Valle Camonica, che ha cofinanziato il progetto e che, insieme ad ART for The World Europa, ne è stato l’ente proponente.
Il progetto nasce dalla ricerca che Stefano Boccalini ha attivato da molti anni in Valcamonica, valle montana situata nel cuore delle Alpi italiane. Attento agli aspetti sociali e antropologici dei contesti in cui opera ha tessuto con la Valle Camonica una relazione intima, che gli ha permesso di entrare in contatto con gli artigiani e le artigiane locali. In particolare, la sua attenzione è ricaduta su alcune pratiche artigianali che oggi assumono una forma quasi domestica, che non sono più in grado di creare economie significative e che inevitabilmente rischiano di scomparire.
La volontà di lavorare in una dimensione locale nasce dall’esigenza di confrontarsi con un contesto reale, misurabile, come metafora della globalizzazione. La ragione nelle mani si concentra sul linguaggio. La parola, nel lavoro di Stefano Boccalini, si trasforma in materia e, attraverso la fisicità con cui viene messa in scena, risulta dispositivo di comunicazione e di riflessione su temi che riguardano le collettività, a partire da quelli che consideriamo i “beni del comune”. La parola diventa anche un luogo dove la diversità assume un ruolo fondamentale e diventa il mezzo con cui contrapporre al valore economico il valore del “comune”.
Nove parole intraducibili in italiano – anshim, balikwas, dadirri, friluftsliv, gurfa, ohana, orenda, sisu, ubuntu appartenenti a lingue differenti di cui alcune minoritarie, sono state realizzate nella forma di sette manufatti-sculture attraverso quattro tecniche artigianali: la tessitura dei Pezzotti (tappeti), il ricamo “punto e taglio”, l’intreccio e l’intaglio del legno. I manufatti sono stati realizzati durante quattro laboratori tenuti in valle da altrettanti artigiani e artigiane con otto giovani apprendisti e apprendiste, selezionati/e tramite bando pubblico. I laboratori hanno permesso non solo di ragionare assieme sul valore della “scultura sociale” come simbolo della memoria collettiva ma anche di riattivare un rapporto sano con l’economia locale, permettendo ai più giovani di riscoprire il valore del lavoro manuale e di farsi custodi attivi di tecniche preziose da reinterpretare.
Mettere in rapporto una condizione locale come quella della Valle Camonica e dei suoi saperi artigiani con parole intraducibili provenienti da lingue e culture diverse è il modo con cui Stefano Boccalini fa emergere un concetto di biodiversità come bene prezioso da contrapporre all’omologazione.
Promosso da: Comunità Montana di Valle Camonica e ART for The World Europa
Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (VIII edizione, 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. MIC
In collaborazione con: GAMeC – Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo
Partner culturali: Tavel Musée d’art et d’histoire/MAH (Ginevra), Art House (Scutari), Sandefjord Kunstforening (Sandefjord), Fondazione Pistoletto (Biella), Accademia di belle arti di Bologna, Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella – MA*GA Museo di Gallarate.
Il libro La ragione nelle mani è pubblicato da Archive Books (Berlino).
LA RAGIONE NELLE MANI
Stefano Boccalini
La realizzazione del progetto è stata resa possibile grazie al sostegno delle istituzioni che hanno creduto nel mio lavoro, a cominciare dal MiBACT – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo che, attraverso l’ottava edizione dell’Italian Council, ha individuato La ragione nelle mani tra i progetti da finanziare.
Non meno importante è stato il ruolo giocato dalla Comunità Montana di Valle Camonica, che ha cofinanziato il progetto e che, insieme ad ART for The World Europa, ne è stato l’ente proponente.
L’idea del progetto nasce dal rapporto che sto costruendo con la Valle Camonica a partire dal 2013: in quell’anno ero stato invitato nella valle da Giorgio Azzoni, direttore artistico di aperto_art on the border, manifestazione di arte pubblica che mette in rapporto l’arte contemporanea con il territorio camuno, promossa dalla Comunità Montana di Valle Camonica attraverso il Distretto Culturale.
Ero stato invitato a partecipare a una residenza per produrre un lavoro che, ispirandosi al tema dell’acqua, riuscisse a legarsi al territorio. La residenza è durata qualche settimana, un tempo che mi ha dato l’opportunità di scoprire un luogo a me non del tutto sconosciuto ma che avevo frequentato fino a quel momento solamente da turista.
Questo spostamento di sguardo è stato fondamentale, e negli anni la Valle Camonica è diventata un punto di riferimento per il mio lavoro: qui ho lavorato con varie comunità, con le istituzioni locali e con gli artigiani, con cui ho creato uno stretto rapporto di collaborazione e di scambio che mi ha permesso di produrre numerose opere.
Questo è il contesto in cui prende forma – La ragione nelle mani–, un progetto che si muove su due livelli, quello del linguaggio e quello dei saperi artigianali, attraverso il coinvolgimento della comunità locale.
Tutti i sette manufatti che compongono l’opera complessiva intitolata La ragione nelle mani sono stati realizzati in Valle Camonica da quattro tra artigiani e artigiane, affiancati/e ognuno da due giovani apprendisti/e.
Le “allieve” e gli “allievi” – per un totale di otto – sono stati selezionati/e attraverso un bando pubblico, promosso dalla Comunità Montana e rivolto ai giovani della valle interessati a confrontarsi con pratiche artigianali appartenenti alla tradizione camuna: la tessitura dei pezzotti, l’intreccio del legno, il ricamo e l’intaglio del legno.
La signora Gina Melotti di Monno è rimasta una delle ultime persone della valle a mantenere viva la tecnica della tessitura dei pezzotti realizzati con telai manuali, tappeti che si ottenevano riciclando indumenti lisi e non più utilizzabili, tagliati a piccole strisce poi tessute al telaio. In passato, quasi ogni famiglia in paese possedeva un telaio e Monno era rinomato per la qualità della sua produzione.
Amerino Minelli, anche lui abitante di Monno, intaglia sapientemente il legno, una tecnica antica di cui conosce i segreti. Lavorazione caratteristica di molte zone montane, l’intaglio del legno nella Valle Camonica vanta una secolare tradizione che ha lasciato traccia sia nell’ingente patrimonio storico-artistico, nella lavorazione degli altari, delle sculture e delle decorazioni sacre delle chiese barocche sia nella pratica quotidiana di contadini e pastori.
Ancora a Monno, Ester Minelli porta avanti una tradizione che non appartiene soltanto alla valle ma che si può considerare un patrimonio della cultura manuale. Tecnica di ricamo usata soprattutto per ornare tende, vestiti, biancheria per la casa, corredi nuziali, il “punto a intaglio” è un tipo di lavorazione raffinata che richiede precisione, abilità e tempo.
In Valle Camonica sono rimasti in pochi ad intrecciare il legno e una di queste persone è Alessandro Sandrini di Temù, un paese dell’alta valle. Con grande passione, Sandrini continua a realizzare cestini e gerle insieme ad altri oggetti che nel tempo sono diventati parte della sua produzione. Il legno che utilizza maggiormente è il nocciolo, un materiale che garantisce l’elasticità necessaria a questo tipo di lavorazione e che è possibile reperire sul territorio.
Queste forme artigianali, che storicamente ricoprivano una funzione di primaria importanza nel tessuto sociale e culturale della Valle, oggi faticano a resistere ai cambiamenti imposti dalla modernità, sono relegate ai margini e pochi ne conoscono ancora le antiche tecniche. Queste tecniche continuano a sopravvivere ma stentano a creare nuove economie, nuove risorse, quando invece potrebbero offrire l’opportunità a molti giovani di costruire un futuro all’interno delle proprie comunità, investendo sul territorio senza dovere per forza trasferirsi altrove per lavorare.
Il senso del recupero delle tradizioni artigianali non risiede nella riproposizione di modelli non più sostenibili ma nel ripartire da quei modelli per acquisire nuove consapevolezze e spostare lo sguardo verso inedite visioni. Ripartire da una condizione locale come possibile modello di sviluppo ci permette di guardare alle “diversità” che il territorio sa esprimere, così come alla ricchezza che la condizione locale stessa offre, uno spazio progettuale dentro il quale costruire nuove forme di lavoro da contrapporre a quel sistema produttivo, omologante, che ci viene perlopiù imposto.
Viviamo in un’epoca in cui le parole sono diventate un vero e proprio strumento di produzione e di captazione di valore economico e hanno assunto una dimensione sempre più importante all’interno del contesto sociale. Attraverso il loro uso cerco di ridare un peso specifico e un valore collettivo al linguaggio, che per me è il “luogo” dove le diversità assumono un ruolo fondamentale, diventando il mezzo con cui contrapporre al valore economico il valore “del comune”.
La ragione nelle mani ha preso il via con un laboratorio che ho condotto insieme alle operatrici della Cooperativa Sociale il Cardo di Edolo e che ha coinvolto tutti i bambini e le bambine di Monno. A loro ho raccontato il significato di circa cento parole intraducibili che sono presenti in molte lingue, parole che non possono essere tradotte perché non hanno corrispettivi in grado di rispondere alla complessità del loro significato e che possono essere quindi solamente spiegate. Le parafrasi non possono restituire la vera essenza di queste parole, molte delle quali arrivano da lingue minoritarie che a stento resistono all’uniformazione.
Nel rischio della loro scomparsa vi è la cancellazione permanente della ricchezza di quella biodiversità linguistica che queste parole intraducibili hanno la capacità di esprimere in modo così efficace.
Insieme ai bambini e alle bambine di Monno abbiamo scelto circa venti parole[1] che parlano del rapporto tra essere umano e natura e delle relazioni tra gli esseri umani stessi: abbiamo approfondito queste riflessioni attraverso una serie di attività, toccando vari aspetti della loro creatività.
Ho poi sottoposto queste stesse parole allo sguardo degli artigiani e delle artigiane per capire con loro quali potessero essere le più adatte a essere trasformate dalle loro sapienti mani. Ne abbiamo scelte nove – anshim, balikwas, dadirri, friluftsliv, gurfa, ohana, orenda, sisu, ubuntu – che sono diventate il materiale su cui hanno lavorato insieme ai giovani apprendisti.
Si è arrivati così alla realizzazione di un’opera composta da sette manufatti, che è stata presentata in mostra per la prima volta presso il Museo Tavel di Ginevra – dove è stata messa in relazione con la storia di una città che fin dai passati secoli ha mantenuto una particolare attenzione alla dimensione della parola.
L’opera, inoltre, è entrata a far parte della collezione della GAMeC – Galleria D’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.
Il libro La ragione nelle mani è pubblicato da Archive Books (Berlino).